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La clonazione coreana

Sul Corriere di oggi il paginone centrale [come Playboy…] è stato dedicato a Woo Suk Hwang, scienziato coreano considerato il “guru” delle cellule staminali. Nell’articolo si riprendono le definizioni con cui viene spesso apostrofato: “il mago che ridona la vita”, “l'uomo più importante di Corea”, “la speranza che arriva dall'Asia”, “lo scienziato del futuro”. Ma le parole da leggere con più attenzione e su cui occorre fare qualche precisazione stanno nell’ultimo paragrafo.
“Qui non è mai entrato un embrione”, dice Woo Suk Hwang indicando la porta chiusa. E spiega: “La nostra banca delle cellule staminali, come del resto tutte le ricerche precedenti, si basa su materiale raccolto da corpi di adulti, specie da sotto gli strati superficiali della pelle. E su questo punto non c'è problema neppure per il Vaticano. Quanto invece a quelle che vengono definite “cellule embrionali” occorre chiarire che le nostre non lo sono affatto. Perché noi interveniamo sulle cellule delle ovaie, ma mai fecondate da sperma maschile. Chiamo la nostra attività: trasferimento somatico sul nucleo delle cellule, perché mai in alcun caso vi è clonazione, né tanto meno fertilizzazione”. La sua definizione in merito è molto semplice: “La vita incomincia nel momento in cui lo sperma raggiunge l'ovulo femminile. Ma noi preleviamo le cellule staminali dall'ovulo che non è mai stato fecondato e neppure sfiorato da alcun spermatozoo”.

Le sue ultime parole sono molto belle: davvero la vita comincia al momento della fecondazione. Ma se guardate la figura che accompagna l'articolo, non notate la presenza di una enorme inesattezza rispetto alle sue parole?
Perché la clonazione da staminali si basa proprio sul procedimento descritto: si preleva una cellula adulta dal paziente, se ne trasferisce il nucleo con dentro il doppio corredo cromosomico e si inserisce (ci sono mille varianti, ma questo è il processo) in un ovulo dal quale è stato rimosso il nucleo. Poi si lascia che l’ambiente all’interno dell’ovulo riprogrammi il nucleo adulto, fino a farlo tornare a un potenziale di sviluppo simile a quello di un ovulo fecondato. Quando, sviluppandosi, lo zigote arriva allo stadio di blastocisti, le staminali embrionali possono venirne prelevate per ottenere linee cellulari in vitro. Questo è il caso della clonazione terapeutica, nel senso che l’embrione sacrificato deriva dalla cellula adulta donata dal paziente, mentre si parla di clonazione riproduttiva se il processo viene completato e dall’embrione si vuol far nascere un organismo completo.
Sfido chiunque a trovare la differenza tra il processo di clonazione terapeutica qui descritto (grazie, Angelo Vescovi) e quello utilizzato dallo scienziato coreano, perché sono esattamente la stessa cosa!
Inoltre, se come sostiene il dotto Woo Suk Hwang, la vita comincia con lo spermatozoo che raggiunge l’ovulo femminile, allora uno zigote è già vita. E il fatto che questi venga prodotto per clonazione e non per fecondazione non lo rende meno "vita", non cambia l’essenza delle cose. Anche un bambino può notare l’incongruenza del discorso.
“Nel caso di cellule umane non siamo mai intervenuti sugli embrioni”, “Qui non è mai entrato un embrione”…queste sono le parole di Woo Suk Hwang. Certo, gli embrioni da quella porta non entrano, vengono costruiti già all'interno tramite clonazione. Ma cosa risponde il nostro simpatico amico dagli occhi a mandorla? “Siamo contrari a qualsiasi tipo di clonazione umana. I nostri limiti morali ed etici sono rigidissimi.” Davvero?
 

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