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I'm back - A favore della TAV

Finalmente sono tornato.
Dopo oltre un mese in cui non ho potuto nemmeno guardare da lontano il mio blog, torno con un nuovo post. Riporto qui la lettera-testimonianza, pubblicata su Tempi, che il 5 dicembre scorso il professor Rosalino Sacchi, già ordinario di Geologia presso la Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell'Università degli Studi di Torino, ha inviato al professor Enrico Predazzi, Preside della suddetta facoltà, e al professor Pietro Rossi, Presidente dell'Accademia delle Scienze di Torino.
Caro Predazzi, caro Rossi, vi scrivo nella mia veste di coordinatore degli studi geologici svolti negli anni passati in Val di Susa in funzione del progetto Tav, lungo il cosiddetto «segmento internazionale», e cioè quello attualmente contestato a Venaus, comprendente il tunnel transalpino (versante italiano) ed il tunnel di Bussoleno. E sento il dovere di esprimermi, convinto come sono che il problema del Tav è destinato ad avere un'incidenza grandissima sul futuro del Piemonte. Nel quadro di una generale disinformazione, ci si balocca con falsi problemi: esempio, quei due o tre sondaggi da fare, che qualcuno crede condizionanti per il progetto, mentre non lo sono affatto, come ben sanno gli addetti ai lavori. Nei magazzini delle ferrovie a Bussoleno abbiamo le carote relative a 50.000 metri di sondaggi! Il che significa che la natura del sottosuolo la si conosce benissimo. La protesta della Val di Susa ha motivazioni diverse, tra le quali una umanissima ed oggi fondamentale, che è la paura: paura di un supposto pericolo letale, che ha due nomi, amianto ed uranio. Questa lettera riguarda solo uno dei due, e cioè l'uranio. Non perché io creda nell'altro, ma solo perché il trattamento del detrito amiantifero è un problema di scavo, quindi essenzialmente ingegneristico, sul quale sarebbe auspicabile che altri si pronunciassero. Il mio background è quello di ex-titolare (oggi in pensione) della cattedra di Geologia. Ma veniamo al rischio-uranio: si tratta di una bufala, ma l'uomo della strada non lo sa, purtroppo. L'uranio (in ppm=parti per milione) è un normale componente del granito di Venaus, come di tutti i graniti. E non ha mai fatto male a nessuno. Il mondo scientifico torinese lo sa benissimo, e si è chiuso in un eloquente silenzio. Che è sempre un silenzio. Certamente, parlare significa affrontare il rancore di qualche frangia arrabbiata. Ma l'uomo di scienza, questo coraggio dovrebbe averlo, se vuole giustificare le sue frequenti, nobili enunciazioni su altri temi. Dopo tutto, oggi si rischia meno che ai tempi di Galileo. Mi rivolgo a voi perché le prestigiose istituzioni che presiedete sono radicate nella realtà piemontese, oltre ad essere quelle con cui ho, od ho avuto, il più stretto rapporto. «Veritas et Utilitas»! Le istituzioni scientifiche torinesi stanno assumendosi una grossa responsabilità col loro «assordante silenzio». Se avessero parlato forte e chiaro, il problema Val di Susa forse non sarebbe mai nato. Personalmente, non posso fare gran che: verrei subito tacciato di essere foraggiato da Ltf. Anche se il lavoro in Val di Susa (da me svolto nell'ambito dell'Università, Dipartimento di Scienze della Terra) non mi ha portato in tasca nemmeno una lira.
Rosalino Sacchi


Tratto da Tempi, 22/12/2005 .