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Fanta-primarie

Ho letto questo articolo diverso tempo fa su Tempi (num.38 del 15/09/2005) e me ne ero quasi dimenticato, ma visto che siamo ormai in odore di primarie dell’Unione ho deciso di riproporvelo. A breve vedremo quanto queste previsioni, a prima vista un po’ fantascientifiche, risulteranno veritiere.

STAFFETTA PRIMARIE
Prodi candidato dell’Unione? Nemmeno per sogno, le primarie saranno la pietra tombale del Professore a vantaggio di Veltroni. Un assetto benedetto dal trio D'Alema- Fini – Berlusconi in nome del presidenzialismo e della corsa al Colle.

di Bottarelli Mauro

“Se un candidato premier alla vigilia delle primarie non trova di meglio da dire che "vince chi prende un voto più del secondo" significa che sa di essere arrivato al capolinea. Comunque vadano a finire, queste consultazioni saranno la pietra tombale di Romano Prodi. Se saranno "regolari" Bertinotti prenderà un sacco di voti, qualcosa come il 15-20 per cento, comunque una percentuale non ignorabile e che costringerà il Professore a scendere a patti con Rifondazione, il che significa sottostare ai massimalisti di Prc, Pdci, Verdi, Italia dei Valori e correntone Ds. Ovvero, ingovernabilità e crisi di governo entro, al massimo, un biennio. Se invece saranno "drogate", come qualcuno lascia intendere, allora da Rifondazione partirà l'ordine di scuderia dell'astensione o del voto per Prodi, un'incoronazione numerica che comunque Romano pagherà in moneta sonante: una simile decisione comporta infatti un patto con Bertinotti per l'eventuale governo, una cambiale che l'intera Unione si troverà costretta a pagare. E il cui prezzo è tutto da valutare. Una cosa è certa: al 99 per cento Romano Prodi non sarà il candidato premier della coalizione nel 2006, il nome è quello di Walter Veltroni, già alle batterie di partenza dopo un fortunato rodaggio come amministratore della capitale. Lui metterebbe d'accordo tutti, i pacifisti e i riformisti, i filo-atlantici e i No global con cui ha convissuto all'interno della stessa giunta capitolina, Mastella e Diliberto. E se venisse sconfitto, ovvero se Silvio Berlusconi dovesse vincere ugualmente le elezioni l'anno prossimo, Massimo D'Alema sarebbe pronto per il Quirinale con la benedizione della Chiesa”.
A parlare così non è un pazzo né un politologo particolarmente in vena di estrosità, bensì un esponente diessino coperto dal segreto professionale, una confessione off-the-record che ricorda molto le regole di Chatham House. Partiamo dal fondo, per cercare di capirci qualcosa. Cosa significa che Massimo D'Alema - autocandidatosi presidente della Repubblica con un'alluvionale intervista alla Stampa - potrebbe godere dell'appoggio d'Oltretevere per la salita al Colle? Semplice. Nei giorni difficili della difesa ad oltranza di Antonio Fazio, i cardinali Angelo Sodano, Giovanni Battista Re e Camillo Ruini hanno infatti trovato un alleato a sorpresa: proprio Massimo D'Alema. Il presidente Ds condivide infatti le preoccupazioni della Chiesa sulle "influenze esterne", visto che dietro le intercettazioni e le uscite di Mario Monti sul "grande centro" vede la manina dei poteri che non amano il bipolarismo fondato sull'alternanza Berlusconi-Ds. “Fausto, perché sei contro i compagni dell'Unipol e fai il tifo per i massoni del Banco di Bilbao?”, ha chiesto in tal senso Baffino a Bertinotti qualche settimana fa. In Vaticano la raccontano così: “D'Alema con la massoneria internazionale aveva fatto un patto all'epoca del suo ingresso a Palazzo Chigi, negli anni del clintonismo e della Terza Via ispirata da personaggi come Soros, espressione delle consorterie internazionali. La guerra in Kosovo è stato il momento più importante di questa strana alleanza. Poi il patto è saltato, D'Alema ha riscoperto il primato della politica ed è diventato un nemico”. Come scriveva qualche giorno fa Giuliano Ferrara, intorno alla vicenda Bankitakia c'è sventolio di grembiulini. E questa volta Baffino ha deciso di tenersi a distanza dai poteri forti, scegliendo la strada del basso profilo per tutta l'estate e intervenendo nel dibattito politico soltanto nel momento di massima necessità: in vista delle primarie, con la politica italiana in piena bufera e soprattutto con una missione chiara, lanciare il proprio nome per il Colle al fine di depotenziare - o almeno creare attrito - il grande favorito, ovvero Giuliano Amato.

Se il centrodestra sembra devastato dalle faide interne, a sinistra il clima non è nei fatti molto migliore anche se - come nello spogliatoio del Milan - all'esterno filtra poco, pochissimo. Eppure al Botteghino più d'uno sarebbe pronto a scommettere sul cambio di cavallo in corsa alle elezioni del 2006, soprattutto per la sempre crescente debolezza che Prodi sta mostrando. Se infatti l'estate ci aveva regalato un professore in luna di miele con Bertinotti per garantirsi l'appoggio dell'ala dura della coalizione sapendo che Ds e Margherita, volenti o nolenti, avrebbero dovuto scendere a più miti consigli e mediare, ora il re appare veramente nudo. Prima l'imbarazzatissimo silenzio sul caso Unipol e sulla "questione morale", con Piero Fassino costretto a richiedere un intervento diretto dal candidato premier in difesa del partito di maggioranza relativa della coalizione, poi la decisione di Silvio Berlusconi di dare il proprio assenso a uno o più scontri televisivi con il candidato dell'Unione dopo anni di dinieghi. Segnale, quest'ultimo, che a sinistra hanno decodificato così: “Se Berlusconi, che teme lo scontro televisivo faccia a faccia come la morte, si è deciso a dare il proprio ok adesso, con ancora sette mesi di campagna elettorale prima delle politiche, è perché ha capito che Prodi non sarà il suo antagonista. Nessuno, in coscienza, pensa che un duello tra i due si terrà prima di gennaio-febbraio del prossimo anno e da qui ad allora il Cavaliere ha la quasi certezza che l'astro del Professore sarà tramontato del tutto. Quindi ha deciso di capitalizzare da subito il ritorno d'immagine che la coraggiosa decisione del dibattito gli offre, mostrandosi spavaldo e forte prima verso gli alleati riottosi che verso di noi, salvo poi scamparla visto che l'altro protagonista non ci sarà più. Se il cavallo cambia - e io ne sono certo - il ribaltone sarà subito dopo Natale”.
Come dire, usando un vecchio gergo calcistico, che Prodi mangerà sì il panettone come candidato leader, ma prima dell'Epifania potrebbe trovarsi con in mano solo del carbone e poco più. Berlusconi non aspettava altro, visto che sottotraccia esiste un partito trasversale formato dal Cavaliere, Fini e D'Alema che preme per eliminare del tutto le tossine anti-uninominale e accelerare il progetto di riforma presidenzialista. I continui richiami al proporzionale dei centristi da una parte, l'atteggiamento da opposizione interna della Lega Nord e i ricatti delle ali estreme della sinistra, infatti, hanno logorato i nervi dei tre policy makers nostrani, pronti a un compromesso ben più sostanzioso del "patto della crostata" per chiudere la stagione del maggioritario imperfetto e per segare le gambe a tentazioni neo-Dc e a partitini ricattatori che sopravvivono succhiando il midollo del 25 per cento di quota proporzionale.

In tal senso, sussurrano al Botteghino, “va letta anche la "pesca al tonno" posta in essere con le lusinghe all'Udc. Quella boutade sul possibile patto di desistenza da offrire a Marco Follini altro non è stato se non un gioco delle parti per elettrizzare ulteriormente il clima e costringere i protagonisti a venire allo scoperto: non per niente a quella "polpetta avvelenata" è seguita la secca e obbligata smentita di Follini, trovatosi però in un angolo di fronte agli alleati per timore di essere bollato come un nuovo Mastella. Il tutto, si noti bene, subito dopo che l'Udc aveva chiesto ufficialmente il ritorno al proporzionale come conditio sine qua non per correre all'interno della Casa delle Libertà alle prossime elezioni”. E la Lega? “La Lega non è un problema: non appena si renderanno conto che con la politica dell'opposizione interna si rischia la sedia, non ci metteranno molto a fare il salto della quaglia dentro Forza Italia. In Veneto stanno già lavorando da mesi a un progetto di "travaso" del genere, un'operazione benedetta dai vertici azzurri e condotta da personaggi di primo piano, i pezzi da novanta che - per dirla all'inglese - lavorano però in silenzio e behind-the-scenes. Sarebbe la Forza Italia del Nord, l'ala "dura" e territoriale del grande partito moderato: una sorta di dualismo Cdu-Csu come in Germania. Ti sembra fantapolitica? Aspetta qualche mese e vedremo”.
Ma perché farsi un giro sotto copertura nel mondo dell'Unione per farsi raccontare unicamente i fatti della CdL? “Per quanto riguardo l'Unione ho già detto tutto quello che dovevo dire: le carte, tranne l'ultima mano, sono già tutte in tavola. Secondo voi perché Prodi ha cominciato a parlare di programma, ha blandito pubblicamente Grillini sulla questione delle coppie di fatto ed ha accelerato i tempi in maniera sospetta visto che nella coalizione politicamente regna il caos e le primarie non ci sono ancora formalmente state? La sedia cigola, lo sa lui e lo sanno gli alleati. La battaglia, quella vera, è molto più importante: Quirinale, sistema elettorale, assetto politico ed economico del Paese. Cosa volete che freghi ai policy makers veri delle primarie? Contano come Miss Italia. Forse meno”.
 

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